Dal co-working al contesto di capacitazione
La trasformazione del lavoro è segnata dall’innovazione tecnologica, che ri-disegna luoghi e organizzazioni, fino a spingersi ai paesaggi e ai territori. Le possibili interpretazioni sulle ricadute o sulle prospettive, sui cambiamenti e sulle opportunità coinvolgono, in modo ampio, differenti campi di studio, esprimendo un ventaglio di punti di vista, tra i quali annotiamo anche lo specifico pedagogico, soprattutto del lavoro.
All’interno dell’odierna società, della quale Morin ha ben delineato da tempo le caratteristiche, vanno a formarsi pluralità di complessità, ormai così intrecciate e interdipendenti, tanto da richiamare costantemente la metafora dell’ecosistema.
È sufficientemente evidente che la “questione” del lavoro è strettamente correlata “alle” visioni, sociale, ambientale, formativa, di sviluppo, di modelli economici. In tutto ciò la “visione” pedagogica porta al centro gli esseri umani – e gli altri organismi viventi – nel farsi del loro progetto esistenziale, che oramai sappiamo svolgersi durante tutto l’arco della vita (lifelong), nei diversi luoghi di vita (lifewide), attraversato e diretto da valori ed etica (lifedeep). Ovvio che la mutazione del lavoro dovuta alla convergenza delle tecnologie digitali e all’ibridazione uomo-macchina, portata fino all’estrema interpretazione di Rosy Braidotti nel post-umano, divenga campo pedagogico.
In tutto ciò, se ne avessimo avuto necessità di ricordo, l’Agenda 2030 riporta al centro di tutte le possibili visioni la “questione” pedagogica. Il centro è lo sviluppo degli esseri umani, il loro ben-essere (well-being, diverso da wellness), la loro felicità possibile, nella relazione con l’ambiente – non nemico da vincere e assoggettare – come casa da abitare, territorio da vivere, risorse da amministrare. In una parola, sostenibilità. Una sostenibilità tesa altresì alla riduzione delle disuguaglianze e alla creazione di nuove opportunità.
La trasformazione del lavoro, negli ultimi anni, non ha portato solo all’introduzione delle tecnologie convergenti, che hanno dato vita a quell’Industry 4.0 e quella blockchain, note oramai per essere divenute linguaggi dell’innovazione. Per sostenere la nuova visione economico-produttiva, la trasformazione si è fondata su precise richieste al mondo della formazione – pensiamo alle competenze digitali dei lavoratori, a quelle di saper lavorare in team, di comunicazione, di resilienza, di imprenditorialità di sé stessi, solo per fare alcuni esempi oramai consolidati. La trasformazione ha chiesto alla pedagogia di divenire “guida” di senso e di significato, affinché potesse transitare dalla “technology” alle persone. In due parole, si è richiesta la formazione di capitale umano.
La trasformazione del lavoro è stata interpretata, nel con- tempo, in modi differenti. Sono nati così, a titolo di esempio, i co-working, ovvero esperienze associate in luoghi altamente “ergonomici” e curati esteticamente, in funzione di poter esprimere forme e genere di creatività e imprenditorialità, innovazione e redditività. Pur se anch’essi – soprattutto quelli di prima generazione – sono figli degli investimenti immobiliari, in Italia si sono affermati tanto da destare forte interesse come nuovo fenomeno “del” lavoro. Le spinte della ricerca sociale e pedagogica, hanno permesso ai co-working di evolversi in parte interpretandosi e proponendosi come “contesto” in grado di crescere. A partire, per esempio, dalle fondamenta valoriali incastonate negli impliciti della cooperazione, dell’intergenerazionalità, dell’interculturalità già ampiamente presenti nelle diverse regioni italiane, tanto da essere oramai definiti di terza generazione. Si è recuperata una visione dell’economia, dei luoghi che capacitano, di un’idea di sviluppo di capitale territoriale.
Il caso di 311Verona che presentiamo nel volume è un esempio di quel ri-disegnare il lavoro e il suo luogo, che abbiamo tratteggiato nelle righe precedenti. 311Verona è un progetto avviato dalla Fondazione Edulife nel 2016, con l’obiettivo di offrire opportunità per i giovani, creando lavoro e nuove economie. La direzione del progetto intendeva avviare un processo di contaminazione feconda tra generazioni, tra culture, con il digitale come strumento generativo di creatività. 311Verona è una storia che esemplifica la trasformazione del lavoro, avvenuta come progetto, attraversata da fasi generative, avviata dall’interpretazione di uno spazio urbano da rigenerare, nel quale realizzare l’idea di co-working caratterizzato dal digitale. Per evolversi, successivamente e rapidamente, in un’esperienza di innovazione dai tratti e caratteristiche proprie.
Un’esperienza co-costruita quasi come un’opera di “teatro dell’oppresso”, partecipata e rivitalizzata, il cui esito è lo spostamento di paradigma da uno spazio al luogo, dal co-working al capability ecosystem. Almeno queste sono le sintesi che la ricerca – pedagogica – in un luogo del lavoro trasformato, assume come traiettoria riflessiva introduttiva.
Volevamo capire da dentro, quello che veniva narrato dall’e- sterno, incuriositi da alcune parole chiave divenute slogan dell’innovazione, e per questa ragione ambigue. Abbiamo scoperto un’espressione possibile di economia civile, di attenzione all’economia fondamentale, di capitale territoriale non ancora indagato, di nodo di una possibile learning land contaminate dal digitale, ma guidate dagli esseri umani. Osservando, nel contempo, l’evolversi di un umanesimo rigenerato, attraverso la rigenerazione urbana, e di una possibile nuova narrazione del lavoro e della pedagogia implicita nei suoi contesti. In appendice presentiamo alcuni numeri del progetto 311Verona, tratti dai bilanci sociali.
Il volume è stato scritto immaginandolo come un programma di sala per un’opera prima.
Il prologo anticipa alcuni grandi temi che tratteggiano la moderna complessità, attraverso la narrazione di personaggi individuati come guide per accompagnarne l’attraversamento, descritti nei loro tratti caratterizzanti. Una serie di episodi lontani nel tempo, apparentemente poco pertinenti e correlati, eppure così vivi ancora, da poter rappresentare un unicum di innovazione. Filtrati nell’essenza, ci svelano i sapori che rendono un luogo di rigenerazione urbana, unico e particolare, adatto alla rigenerazione umana e alla progettazione di economie civili. Un prologo che apre alle successive scene, accompagnandoci verso il cuore della proposta: l’ecosistema per la formazione continua.
Nel primo atto viene descritto il cambiamento avvenuto nella narrazione del lavoro, con l’ingresso nel palcoscenico economico delle tecnologie convergenti e la conseguente radicale modificazione dei processi produttivi. Un percorso con fermi immagine su eventi scelti, che segnano la grande trasformazione in atto.
Il secondo atto ripercorre la genesi della nascita del progetto 311Verona, soffermandosi sulle motivazioni e sugli scenari, che si rappresentavano nel 2016, per avviare un profondo cambiamento – e una discontinuità – nell’economia veneta. I primi passi del co-working, lo spazio che ancora non è luogo, un trend verso la contaminazione tra sociale-culturale ed economico. Fino alla successiva emersione finale di una vision, connettiva di education, apprendimento continuo, sviluppo del territorio. Una vision che esprime i tratti descritti nel pro- logo, traendone insegnamento e direzione. Sono storie di uomini e donne che si incontrano negli ideali e che si scontrano, anche, nell’interpretarne l’azione.
Il terzo atto racconta l’epifania del luogo, la sua pedagogia, l’avvenuta mutazione da uno spazio di lavoro comune verso l’organizzazione e l’abitazione del luogo di interdipendenze, in grado di esprimere e formare talenti. Un luogo di co-workers e di co-imprese che significano, con il lavoro nuovo e la sua nuova interpretazione, il passaggio da un contesto di semplice spazio di lavoro condiviso, a luogo della capacitazione e della complessità generativa. La terza scena presenta anche il caso di studio e l’esposizione dei dati raccolti attraverso un ventaglio di strumenti. Il tentativo è di esporre e qualificare i tratti pedagogici di 311 Verona, motivo fondativo la ricerca. Nel luogo del lavoro accadono eventi sia intenzionali che non intenzionali, di tipo formativo, relazionale, organizzativo, che costituiscono il farsi di quattro dimensioni dell’apprendimento. È la scena che presenta quelle essenze che permettono l’unicum, il suo differenziarsi dai contesti di co-working noti, verso quella rappresentazione originaria, descritta dalla pedagogia del lavoro, di generatività e creatività nel e attraverso il lavoro.
Il passaggio al quarto atto, mette in scena il progetto esistenziale e il ridisegno dei contesti nei quali si pensa, progetta e organizza il lavoro. La prospettiva considerata è dell’economia civile. Il luogo rappresenta una rete di relazioni ed esperienze che rappresentano una trama per ritessere il progetto esistenziale di giovani – uomini e donne – la cui costruzione è stata spesso interrotta o rallentata da eventi della vita non lineari, oppure intenzionalmente rimappati. Le caratteristiche pedagogiche del luogo conducono alla definizione di un sistema che forma continuamente le capacitazioni. In questo modo si amplifica la prospettiva dell’agire competente, interdipendente, sociale, superando la consueta idea accumulativa di capitale umano, spostando il quadro verso l’innovazione sociale e lo sviluppo umano.
L’epilogo è la rappresentazione finale di un luogo del nuovo lavoro e di una sua nuova organizzazione, che si esprime attraverso l’essere contesto ecosistemico “per” la formazione, come luogo/laboratorio trasformativo. Il tentativo è di definire i motivi che giustificano la prospettiva ecologica di un luogo che forma all’azione. Ecosistema per la formazione dell’esse- re umano rigenerato, dove le connessioni con un nuovo sistema interpretativo, a matrice pedagogica, origina sia l’idea del progetto esistenziale – individuale ma sociale nel contempo – sia l’idea di sviluppo del valore dei territori, coesi anche grazie al digitale e ai suoi nuovi linguaggi.
Il fuori programma, con un fermo immagine sul Covid-19, considera il passaggio da un prima ad un dopo. Tutto è accaduto durante la chiusura del volume. Un fuori programma sotto tutti i punti di vista, che interpreta l’avvio di una nuova rappresentazione e un nuovo attraversamento: ovvero la possibile costituzione di una learnfare learning land come rete di luoghi generativi e creativi, solidali e sociali, civili e innovativi. Che desideriamo concepita per il “buen vivir” degli esseri viventi e dell’ecosistema. Fritiof Capra, Gregory Bateson, Humberto Maturana e Francisco Varela ne sono gli ispiratori. L’intento è di sostenere che possiamo cambiare strada. Creando alternative al vecchio percorso, oramai logoro e pandemico.
Autore: Piergiuseppe Ellerani