Biografia di un imprenditivo dell’innovazione sociale

PREFAZIONE a cura di Umberto Margiotta

A proposito di Apprendere e generare innovazione continua, di Antonello Vedovato.
Vi sono tre nuclei forti nell’Autobiografia intellettuale che Antonello ci offre in queste pagine scritte in modo essenziale, senza fronzoli e retorici compiacimenti. Il primo è quello soggettivo che ci si attende da una Autobiografia intellettuale; il secondo è quello degli eventi attraverso cui si egli ritiene si sia costruita e sviluppata la sua Bildung: potremmo identificarlo come un percorso esperienziale ad espansione progressiva; il terzo è quello tematico, contrassegnato dal contributo più rilevante che credo emerga, ed è caratterizzato da un principio formativo che egli definisce come “ciclo del valore”.

1. L’Autobiografia intellettuale
Ho riletto numerose volte queste pagine. L’ho fatto perché volevo cogliere quella scintilla che ritagliasse in una immagine la storia e le vicende personali entro un orizzonte palpitante e che me le facesse sentire vicine e in sintonia. E infine mi è parso di ritrovarla nell’episodio della madre che, dinanzi al giudizio “irrevocabile” del professore di matematica delle medie, non si arrende. Usa il cuore e cerca, e trova una soluzione che segnerà la vita di Antonello. E lo iscrive dai Salesiani.

In un mio recente libro dedicato a La Formazione dei Talenti (Franco Angeli, Milano 2018), introduco la seconda parte con questo estratto da una lettera di Don Bosco: “Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati… Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni… imparino a veder l’amore in quelle cose che naturalmente lor piacciono poco; quali sono: la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi e queste cose imparino a fare con amore; che si ami ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai Superiori… Familiarità con i giovani specialmente in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l’amore e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama…” (S.G. Bosco, Lettera da Roma del 10 maggio 1884, in RSS 3 (1984), pp. 342-346). Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro.

2. La formazione come logica della vita

Ma con questo siamo al filo rosso di tutta la scrittura di Antonello: la formazione, per lui, non è una professione, non è solo una passione, non è soltanto un ambito, ma è una vocazione che ispira, trasforma e infiamma tutta la sua esistenza. Per capirne la prassi, che egli comunque sgomitola nelle esperienze che descrive, non basta analizzare solo le sue attività e i gesti educativi che le corroborano. Occorre soprattutto connetterli alle motivazioni di fondo e alla sua spiritualità, che giocano un ruolo fondamentale nella costituzione del suo mondo interiore. In poche pagine Antonello sintetizza la sua personale esperienza del modello pedagogico salesiano: l’atteggiamento disponibile ed empatico di approccio è accompagnato da un’offerta della possibilità di sviluppare i propri doni e talenti in un percorso educativo costantemente tutorato. Nell’incontro suscita intenzionalmente attesa, desiderio, entusiasmo prospettando soluzioni concrete, nuovi orizzonte di speranza che vadano oltre la situazione presente. In un secondo momento l’educatore salesiano stimola e motiva nel giovane la corrispondenza, la buo- na volontà e l’impegno, fino alla formulazione di una “promessa” che esprime l’affidamento confidente del giovane nel rapporto educativo dalla relazione affettiva e dal senso di riconoscenza. L’educatore inserisce poi il giovane nell’ambiente formativo della casa salesiana con le sue proposte ricche di valori, di relazioni umane, di attività e di stimoli educativi. Nei ritmi di vita e nel regolamento si dosano in equilibrio i doveri, i tempi di divertimento e le proposte di spiritualità. Nella terza fase del racconto, infine, don Bosco riporta le diverse crisi evolutive di natura culturale, relazionale, morale o spirituale che il giovane incontra nella sua vita:il giovane è aiutato a elaborare nuove sintesi interiori attraverso un processo di maturazione del carattere che non si sostituisce alle sue inclinazioni, ma lo orienta ad appropriarsi di un sistema di valori superiore, al quale egli liberamente decide di aderire, con convinzione, totalità e gusto.

Dopo l’esperienza salesiana, vengono le esperienze di lavoro e i progetti di vita: la consulenza tecnico-commerciale; la scoperta della cultura del lavoro in un Nordest che non cessa ancora oggi di stupire, infine l’incontro con Fumanelli e la decisione di scegliere l’educazione come professione. Progetto, azione, riflessione: sono i tratti che accompagnano le esperienze formative e che conducono Antonello a cogliere nell’innovazione il punto di svolta ricorso della formazione. C’è una frase rivelatrice quando lui scrive: “L’innovazione ci permette di promuovere vere competenze allineate con i bisogni del mercato del lavoro e ci lascia maggiormente centrati sulla messa a punto delle metodologie didattiche, centrate sullo studente”. Dunque l’innovazione non è una moda, né un modo per sopravvivere al mercato. È qualcosa di più profondo che fa il paio con il cambiamento profondo di metodo, di idealità e di visione che accompagna ogni atto formativo centrato sulla persona reale.
E Innovazione si incrocia, nella vita di Antonello, con Edulife, con la storia di un’idea e quindi di un processo bottom-up e della progressiva realizzazione infine di un sistema di azioni che danno forma alla sua stessa idea di formazione in età adulta.
Le pagine e la narrazione scorrono una dopo l’altra nel rappresentare processi che si intersecano e si fanno in presa diretta con l’esperienza e il reale: Open Learning Center; Apprendistato e Cooperative Learning; Edulife Start-up; Formazione degli Insegnanti; esperienze in America Latina; Fondazione Edulife; Plan Your Future; Co-working and Talent Sharing; Co-Living. Se si guarda al senso e alle implicazioni operative di ciascuna delle azioni appena richiamate, è impressionante come ci si ritrovi a cogliere il movimento generativo di un multi verso, la formazione, che si espande intorno ad un’asse integrale ed insieme articolato: il valore delle persone che quegli ambienti e quelle esperienze attraversano, il valore che esse comunque rilasciano agli altri e la co- generazione di una comunità di menti e di cuori che, come un popolo di formiche, orienta, innova e sviluppa rendendo tangibile ciò che è intangibile ossia il bene comune.

3. La catena del valore

Essa é, per Antonello, “il cuore del ciclo del valore. È la rivisitazione del sistema preventivo di don Bosco dove Amorevolezza diventa accoglienza e orientamento, Ragione diventa accompagnamento formativo e Religione diventa promozione umana e professionale” (p. 42).
Sappiamo peraltro che Il ciclo del valore è un modello che nasce dall’esperienza di due decenni di continue sperimentazioni, indirizzate a scoprire una modalità operativa funzionale ad ogni organizzazione per mettere al centro dell’attenzione la persona. Si va dal ciclo di Kolb, al Costruttivismo, al Cooperative Learning, alla Valutazione autentica, al Toyotismo, al principio di Pareto, al metodo Kaizen passando per la Learn Manufacturing. Del resto, il punto è questione antica: le risorse umane contribuiscono alla creazione di una parte significativa del va- lore di ogni organizzazione. Pertanto, esse diventano protagoniste di un ciclo virtuoso che se ben gestito può autoalimentarsi e produrre non solo un incremento delle prestazioni, quanto soprattutto arricchire il valore complessivo del processo produttivo e del bene prodotto. Il ciclo del valore applicato alle risorse umane è un modello analitico-descrittivo che studia le dinamiche che legano in sequenza le attività e le strategie della loro gestione e valorizzazione. Né è un caso che tale ciclo si sviluppi attraverso quattro punti fondamentali: le persone, le relazioni, le prestazioni, la valorizzazione e il successo personale e comunitario.
Ma per Antonello la catena del valore è qualcosa di speciale. Credo che l’esperienza da lui vissuta alla Conferenza internazionale delle IUS a Porto Alegre (giugno 1998) sia stata scatenante: “stimolo video, dialogo con raccolta delle relazioni in digitale, sperimentazioni attive decise insieme ai referenti dei singoli gruppi di lavoro e riflessione trasformativa di tre minuti registrata in video. Il tutto pubblicato in tempo reale sull’ambiente virtuale di apprendimento collaborativo di Edulife”. Insomma una metafora che si fa narrazione, una narrazione che si trasforma in progetto, un progetto che si fa azione, un’azione che si rigenera in cambiamento e un cambiamento che si esperisce concretamente come valore, da tutti e da ciascuno. È come assistere alla propagazione di una luce… fino ai confini del mondo, indipendentemente dai luoghi e dalle distanze. È un’esperienza impagabile! Ma insieme è qualcosa che ci fa toccare con mano il valore rigenerativo della formazione e ce la fa veder scorrere come linfa della vita!
Dopo la Cina e infine il 311: spazio generativo di co-working e di co-living. La formazione non è più la stampella del lavoro o dell’istruzione. La formazione è spazio di creazione e di rigenerazione per multi- alfabeti inviati ad esplorare mondi nuovi per entro spazi interstellari sconosciuti. “Se non creiamo luoghi – dice Antonello – dove i giovani e i gli adulti, attraverso una alleanza intergenerazionale, possano realmente generare opportunità di lavoro non riusciremo a dare via libera a tante vocazioni che con i propri progetti di vita possono contribuire ad una nuova umanità libera e realizzata nel proprio mandato” (p. 59).
Grazie Antonello per quanto son riuscito a cogliere nel tuo scritto, e anche – perdonami – per ciò che non mi è riuscito di intelligente.

Un abbraccio Mirano, 18 Luglio 2018

Autore: Umberto Margiotta

Download: https://www.armandoeditore.it/catalogo/talentuosita-implicite-innovazioni-esplicite/